31/3/2021
Noli me tangereNella settimana che segue la ‘Domenica di Risurrezione’, nella Feria V (giovedi), si legge un celebre brano di Vangelo che ha ispirato grandi artisti. E’ l’incontro tra Gesù risorto e Maria Maddalena, raccontato dall’evangelista san Giovanni nel capitolo 20 del suo Vangelo in cui viene pronunciata la famosa frase: Noli me tangere (Gv 20, 17a) Non mi toccare!
Questa traduzione latina del Vangelo ha fatto presa sulla sensibilità dei cristiani e se ne trova traccia nei secoli in molte opere artistiche. Affrontando il testo, la prima osservazione non può che essere di autentica empatia; Maria Maddalena è tutta presa dal dolore per ciò che ha visto durante la Passione, per il dolore della perdita di Qualcuno che aveva colto con amore intenso il fondo della sua anima. Il suo gesto della mano è automatico, naturale, umano, ma forse ‘troppo’ umano. Gesù, infatti, commenta non sono ancora asceso al Padre mio (20, 17b). Nel Vangelo, Gesù tocca per dare aiuto agli uomini, ad esempio tocca gli occhi per guarire (Mt 20, 34/Mc 1,42), tocca i discepoli (Mt 17,7), il lebbroso (Mt 8,3), tocca con la saliva la lingua Mc (7,33), tocca la bara (Lc 7,14). Mentre si tramanda che la Vergine Maria abbia detto: Fate quello che vi dirà (Gv 2,5b); gli uomini toccano Gesù per ottenere qualcosa. Emblematico è il caso dell’emorroissa (Mt 9, 20-22/ Mc 5,025-34/Lc 8, 43-48), quando Gesù dice di aver sentito che qualcuno toccandolo ha fatto uscire da lui la forza. Un altro esempio celebre è quello dell’apostolo san Tommaso che se non tocca non può credere. Toccare ha un significato ampio: si va dal bisogno di rassicurare, di manifestare vicinanza, aiutare, a quello di controllare, possedere; in ogni modo sta a indicare una necessità e la centralità del corpo cha a Pasqua è redento. L’essere umano ha bisogno di toccare come conseguenza della caduta di Adamo, della sua scelta di trasgredire il comando di Dio di non toccare l’albero (Gen 3, 3b) e che, dopo di lui, qualifica ciascun uomo nella dissoluzione. Adamo poteva mangiare qualunque frutto, tranne il frutto dell’albero della scienza del bene e del male, poiché mangiandolo in qualunque giorno indubbiamente morrai (Gen 2, 17): comandamento che conteneva l’invito - salutare per Adamo - di riconoscere sempre la sua dipendenza da Dio, perché inìtium superbiæ hominis, apostatare a Deo (Ecclesiastico [Sirac] 10, 14). Come un neonato posto sul grembo della madre per essere sottratto, con il ‘toccare’, al senso di inermità che domina i primi istanti di vita, allo stesso modo l’uomo è posto nei confronti di Dio; non è forse questo il senso profondo del primo comandamento: Io sono il Signore Dio tuo, che ti trassi dalla terra di Egitto, dalla casa di schiavitù (Es 20,2). Come per il neonato il contatto con il corpo della madre rappresenta il primo atto mentale di riconoscimento di sé perché la sua cura amorevole e disponibile lo aiuterà a strutturarsi attraverso la relazione, così per l’uomo riconoscersi ad immagine e somiglianza (Gn 1, 26) di Dio è il primo atto dell’anima, talmente necessario che non può perderlo senza perdere la propria natura, destinandosi al peccato e al carico di angoscia che ne deriva (cfr s. Agostino, Ritrattazioni, lib. 2 cap. 24,2). La conseguenza della scelta di Adamo è ben illustrata nel versetto del Vangelo di san Giovanni che abbiamo sotto gli occhi; qui, infatti, si confrontano due tipi di corporeità, quella prima della caduta, luminosa, come sarà il corpo risorto di Gesù e quella dopo la disobbedienza, rappresentata da Maria Maddalena destinato a perire. Alcuni antichi lettori del testo di Genesi intendevano le famose ‘tuniche di pelle’ (3,21) come la carne mortale fatta per sé dall’uomo ormai mortale. L’unico esempio nella Bibbia di una corporeità paragonabile (forse) a quella del giardino dell’Eden, lo troviamo nel racconto dell’Annunciazione (Lc 1, 26-38); l’atteggiamento corporeo della Vergine Maria è stato illustrato in modo eccelso in miniature e dipinti: lo sguardo è abbassato, il mistero è in Lei; la sua risposta inversa all’atteggiamento di Adamo: fiat mihi secundum verbumm tuum. Incontrando il Risorto, Maria Maddalena esemplifica il gesto divenuto naturale per l’uomo dopo la caduta di Adamo: il bisogno del contatto fisico. A ben riflettere, però, questo gesto così umano quando si ha qualcuno di fronte che si ama, rimane precario. Toccare spesso rivela un bisogno di massima presenza, ma ci pone anche a confronto con un’estrema mancanza. A ragione san Leone Magno (Disc 2 Ascensione), interpretando questo passo, spiega come Gesù risorto ricordasse alla Maddalena l’illusorietà di toccarlo con il corpo fisico: quel modo di toccare non le avrebbe permesso di capire; Maria Maddalena avrà vera conoscenza solo dopo l’Ascensione, attraverso la fede. L’opacità dei gesti umani è balzata agli occhi in modo drammatico con l’insorgere del Covid-19: toccare (come respirare) è diventato possibile veicolo del morire e l’unica risorsa difensiva rimane il distanziamento. La situazione derivante dal virus appare ancora incerta; nella lingua della Bibbia, il concetto di morbo ha una radice lessicale che esprime l’idea di logos, di ragionamento. Ciò che viviamo dovrebbe essere occasione e sprone per comprendere che la pericolosità del virus non sta esclusivamente in quello che può fare al corpo, ma nell’aggressione all’anima; gli eventi naturali catastrofici, infatti, hanno questo di positivo: ci pongono di fronte all’abisso che ci sta davanti, la morte. In questo frangente le parole della chiesa ne svelano l’animo posseduto pressoché interamente da una salvezza ormai solo secolare: in questo tempo di oscurità e incertezze per la pandemia, appaiono diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini! (Messaggio urbi et orbi, 25.12.2020) Tutta la sofferenza del mondo attinge significato in Cristo, ma in queste parole è dimenticato il legame tra la risposta alla pandemia e la reazione alla croce di Cristo. La nostra liturgia mette in scena funerali chiassosi che mimano la considerazione della cultura mondana che la morte sia cosa privata e vergognosa da rimuovere. Dopo decenni in cui la Giustizia di Dio è stata sostituita con la pastorale e la Misericordia di Dio con l’umanesimo integrale, la chiesa, il cui partner di favore non sembra più l’Invisibile, annaspa nelle forme con cui l’inganno ha preso corpo dentro di lei: dialogo rinunciatario, cristianesimo anonimo, opzione preferenziale dei poveri, teologia della liberazione, valori non negoziabili, ecologia integrale, amoris laetitia e ultima, la fratellanza universale ridotta a programma politico. Ciò che è spinto avanti è la presa di distanza dall’unicità di Gesù Cristo e viene da domandarsi: in un futuro forse non lontano saremo invitati a sottacere il nome di Cristo perché non sufficientemente inclusivo? Se queste sono ora le nostre radici, siamo destinati a fare la fine degli scribi di Salomone, sollecitati alla fuga per sfuggire alla morte (Talmud babilonese, 53a sukkah)! Cechi, però, perché scappavano là dove ci conducono i nostri piedi, cioè al cospetto della morte, come commenta Salomone (Ibidem). Da dove possiamo ripartire? Se non vi convertirete e non diventerete come bambini (Mt 18,3). Qual è la situazione del bambino? Nello sguardo dei genitori, in cui si rispecchia e matura, egli vede sia la luce sia la tenebra. La Bibbia possiede un Antico e un Nuovo Testamento, come a dire: il Dio che si è rivelato nell’Antico, si comprende nel Nuovo, ma il Dio del Nuovo è quello rivelato nell’Antico. Una grande pedagogia, che oggi si rifiuta in nome di un misericordismo che usurpa il posto di Dio. Tra i genitori e il bambino c’è un linguaggio: il bacio! E’ un toccare singolare tra esseri umani. Ha intessuto la nostra infanzia e sostenuto la nostra crescita. In tempo di pandemia se non è del tutto precluso, almeno è sospetto. Attraverso il bacio, diceva Platone con magnifica intuizione, abbiamo come l’anima sulle labbra (Ant. Pal. V/78); bacio sembra derivare da un termine greco che significa ‘mormorare’; un tempo si mormoravano le preghiere… oggi nelle chiese questo mormorio è perlopiù sostituito dagli schiamazzi perché ci siamo atrofizzati nel pensiero e nella parola. Ti bacio con il bacio della mia bocca (Cantico dei Cantici 1,2) dice l’autore del testo più amato dai grandi spirituali della tradizione cristiana. Vi leggevano in trasparenza il rapporto singolare tra il Padre e il Figlio. Come ogni parola in uso all’uomo non è univoca. Il bacio, come diceva san Bernardo, è da chiedere con insistenza mostrando riverenza perché forse Dio non è da baciare, ma da adorare (Serm. 8 Super Cantica). Oggi è diventata una virtù esibita l’irriverenza, ma quando manca la riverenza appare un altro bacio, quello di Giuda (Mc 14, 44). In quest’epoca di calamità – non di povertà e fame, ma di abbondanza, sazietà e ghiottoneria, anche dei Sacramenti – dovremmo riscoprire Dio in questo mormorio. Sarà molto duro perché abbiamo perso la riverenza e di conseguenza non riusciamo più a comprendere il timore reverenziale. San Benedetto nella sua Regola (c. 53) vuole che l’anima del monaco che occupa uno dei posti più delicati, quello di portinaio, cerniera tra mondo e monastero, timor Domini possidet. Perché? Come un bimbo di fronte alla forza che percepisce nel padre sperimenta un momento di sgomento che, dove regna serenità, la natura spinge a superare ponendo con fiducia la sua mano in quella paterna, così il cristiano sperimenta questo sgomento là dove Dio è presentato correttamente e la fede lo spinge nell’aiuto dell’Altissimo (Ps 90,1) ad abitare quel timore nella notte della vita. Bisognerà faticare molto per tornare alla capacità di provare sgomento di fronte a Dio, quello sgomento simile forse a quanto ci accadde avventurandoci nel nostro primo bacio. Nello sgomento, al modo di Maria Maddalena incontrando il Signore risorto, ci sarà data la grazia di riscoprire il timor Domini (che è altra cosa dalla paura) perché initium sapientiae timor Domini (Ps. 110, 10). *** Come Maria Maddalena oggi se ci affacciamo alla barca della chiesa troviamo … una tomba vuota, la Chiesa (che è il corpo di Cristo) è stata estromessa e lì dov’era, ora risuona una voce di parole confondenti. L’effetto sull’anima è soverchiante. Noli me tangere, non mi toccare. Vorremmo toccare la Chiesa, come Maria Maddalena volle toccare il corpo risorto, ma sarebbe un’illusione come lo fu per lei. Ascendendo al Padre, Gesù ci ha lasciato qualcosa nell’anima, la memoria di Dio. E’ lì che dobbiamo restare per sperare di vedere il Cielo non seguendo chi viene per menarci a l’altra riva. |